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Il Battistero

Il centro di Varese nei dati archeologici
Nell'area attualmente occupata dal complesso della Basilica e del Battistero sono state rinvenute le tracce archeologiche dei più antichi insediamenti umani a Varese; negli scavi terminati nel 2000, condotti sul lato sud del Battistero, si sono trovate tracce di un insediamento della prima età del ferro (IX.X sec. a.C.) da cui si passa direttamente all'età altomendioevale (VI-VII sec. d.C. - resti di un edificio ligneo-).
La mancanza di testimonianze dell'età gallica e romana è dovuta forse alla poca abitabilità del luogo che si presentava paludoso.
I primi edifici in muratura di cui si è conservata traccia risalgono al VII-VIII sec. d.C.: tra essi il primo impianto del battistero, di pianta poligonale e un edificio a sud dello stesso. La costruzione di un battistero - e probabilmante di un primo edificio della chiesa di S.Vittore - è indizio di una diffusione del cristianesimo nella zona che la tradizione lega al volere della regina Teodolinda e al marito Agilulfo.
Del IX e X sec. sono le tracce di un nuovo edificio di uso incerto, di nuovi muri perimetrali per il Battistero e le più antiche sepolture trovate nell'area, che da allora fu utilizzata come cimitero; nell'XI sec. troviamo finalmente anche le testimonianze documentarie dell'esistenza della chiesa di S.Vittore e del Battistero (pergamene dell'Archivio Prepositurale di San Vittore), cuore della pieve di Varese. Le pievi furono, dall'alto medioevo all'inizio dell'età moderna, le circoscrizioni ecclesiastiche di base in cui di articolavano i territori rurali delle diocesi e facevano capo ad una chiesa matrice e ad un battistero in cui si concentrava l'attività del clero pievano a favore di tutta la popolazione.
Archeologia
È all'epoca tardo romana e altomedievale che risalgono le più significative testimonianze individuate nell'attuale centro storico. Esse ci fanno supporre che il primo nucleo urbano sia stato edificato tra il VI e il VII secolo d.C., come documentano i ritrovamenti effettuati nelle ricerche del 1948-50 a lato del battistero di San Giovanni in cui sono state messe in luce le fondazioni del primo edificio battesimale poligonale, con vasca centrale ottagonale per il rito a immersione e absidiola, obliterato dall'attuale battistero di epoca romanica.
I recenti scavi, eseguiti in occasione della realizzazione di un'area a parcheggio a meridione del Battistero, testimoniano nell'area un più antico insediamento, databile alla prima età del ferro (IX-V secolo a.C.), con scarse testimonianze di un piano pavimentale effimero in limo argilloso, con esigui frammenti di recipienti ceramici d'ambito domestico.
L'assenza in situ di testimonianze relative all'età gallica e a quella romana ha consentito di rilevare che, nella sequenza stratigrafica, la successiva evidenza archeologica coincidesse con il costituirsi del primo nucleo della città attuale, di età altomedievale (VI-VII secolo). Ad esso si riferiscono i resti di un edificio ligneo, probabilmente con alzati in argilla e pavimentazioni in argilla e limo, distrutto da un incendio, cui seguono (VII-VIII secolo), i primi edifici in muratura, quali il primitivo edificio battesimale, di pianta poligonale, orientato, a cui devono riferirsi i piani pavimentali esterni in acciottolato e l'edificio sud, a destinazione residenziale, con fronte murario rettilineo e lacerto pavimentale interno in malta. Nel IX secolo e X secolo vi si addossano un nuovo edificio murario, di incerta funzione, di cui si è evidenziato un solo breve tratto murario, con le più antiche sepolture a struttura antropomorfa, e nuove murature perimetrali, forse di rinforzo, o per creare un superiore deambulatorio o matroneo, già attribuite nel 1948 all'originario battistero esagonale.
Nel XII secolo, sulle fondazioni del secondo battistero poligonale abbattuto (a eccezione dei due lati nord), si dà inizio, senza condurla a termine, alla costruzione del nuovo San Giovanni ad aula quadrata, con alzato in conci di serizzo. Il progetto verrà repentinamente modificato, a cavallo tra XII e XIII secolo, con la sostituzione del materiale lapideo, per la facciata e il lato sud, a favore della chiara pietra di Viggiù.
Nel XV-XVI secolo si diffonde nell'area cimiteriale la deposizione di inumazioni in cassa lignea, entro loculi rettangolari in laterizi. Uno di questi, adiacente al fronte murario dell'edificio meridionale, testimonia l'evoluzione formale di una sepoltura famigliare (presenti al suo interno undici individui) che, a partire dall'XI-XII secolo con loculo antropomorfo, viene rialzata nel XIII in forma rettangolo-ovoidale e infine ulteriormente rifatta, nel XV-XVI secolo, in forma rettangolare. Se nel XVI secolo si ha l'edificazione di un nuovo edificio residenziale nell'area sud-ovest, è di poco successiva la costruzione di una grande ghiacciaia interrata, di forma circolare e con parete muraria rastremata, che verrà utilizzata fino agli inizi del XX secolo.
Storia
Le pievi furono, dall'alto medioevo all'inizio dell'età moderna, le circoscrizioni ecclesiastiche di base in cui si articolavano i territori rurali delle diocesi. Il nucleo centrale di ciascuna pieve era costituito dagli edifici della chiesa matrice e del battistero, dove si concentrava l'attività pastorale svolta dal clero pievano in favore di tutta popolazione residente entro i confini del piviere.
La chiesa di S. Vittore e il battistero di S. Giovanni formavano il cuore della pieve di Varese, la cui esistenza è attestata nei documenti solo dal X secolo, benché l'origine sia senza dubbio assai più antica. La prima notizia sul battistero reperibile nelle fonti scritte è la citazione, nell'anno 1061, di terreni di proprietà di S. Giovanni nella castellanza di Bosto. Occorre poi attendere la seconda metà del XII secolo per trovare nuovamente menzione della chiesa di S. Giovanni, come luogo presso e dentro il quale vengono redatti vari atti notarili (1176, 1179, 1181, 1199).
All'inizio del Duecento, nel contesto di una fase di grande sviluppo del borgo di Varese in campo economico, istituzionale e demografico, l'antico dificio battesimale della pieve venne radicalmente rinnovato nelle sue strutture materiali, attraverso un ricostruzione che gli fece assumere l'aspetto conservato fino ai restauri ottocenteschi e sostanzialmente simile a quello attuale. All'interno le pareti accolsero la decorazione pittorica, vera antologia degli orientamenti devozionali della popolazione, in cui si riflettono i tratti peculiari della società varesina fra Tre e Quattrocento. Lo dimostrano alcuni fra i santi raffigurati (s. Ludovico di Tolosa, s. Leonardo, s. Antonio abate) e titolari degli altari (s. Dionigi, s. Eligio), che per la loro origine, l'area di diffusione del loro culto e le professioni di cui sono patroni rivelano l'importanza assunta dai commerci, e in particolare dalla fiera dei cavalli, per l'economia locale e i conseguenti intensi rapporti intrecciati dal borgo prealpino con il mondo d'Oltralpe. Il battistero di S. Giovanni, pur continuando a essere luogo di amministrazione dei battesimi durante la veglia del Sabato Santo (mentre alla vigilia di Pentecoste si battezzava a S. Maria del Monte di Velate), per qualche decennio fra Due e Trecento dovette essere utilizzato come cappella per gli aderenti alla schola o confraternita intitolata appunto a S. Giovanni Battista, a cui si deve la fondazione e il governo dell'omonimo ospedale eretto nel borgo sul finire del XIII secolo. Un indizio del rapporto fra il battistero e i membri della confraternita, esponenti del ceto dirigente varesino, è forse l'affresco del miracolo di S. Giacomo, probabilmente commissionato dal chirurgo Giacomo Codebò, devoto dell'apostolo e iscritto alla schola. L'interesse degli strati eminenti della popolazione per l'antico battistero si concretizzò durante il Trecento nella fondazione di due benefici di cappellania. Una cappellania fu eretta nel 1340 da Lorenzo de Sapore all'altare di S. Alberto; un'altra, dedicata a Tutti i santi, venne istituita nel 1358/1359 da Ottorino Grilli, già canonico di S. Vittore e divenuto in seguito camerario del vescovo di Ferrara Guido da Baisio. Il Grilli riservò ad alcuni membri della sua famiglia il diritto di nomina del cappellano, il quale doveva essere sacerdote per assolvere all'obbligo della celebrazione di una Messa quotidiana. Il primo titolare noto, prete Francesco, è documentato nel 1371; dal 1375 al 1421 gli subentrò Giovanni de Zuchono. La cappellania, detta talvolta semplicemente di S. Giovanni, continuò a esistere nei secoli XV e XVI, quando ormai la funzione del battistero al servizio dei fedeli dell'intera pieve stava declinando a causa della progressiva erezione di fonti battesimali nelle chiese dei vari villaggi del piviere, elevate al rango di parrocchie in numero sempre maggiore tra Cinque e Seicento per rispondere al bisogno di una attività pastorale più capillarmente diffusa sul territorio. I testi delle visite pastorali, condotte tra il 1567 e il 1852, costituiscono fonte primaria di conoscenza riguardo alle vicende del S. Giovanni, registrando anche la diversità di mentalità e di atteggiamento dei visitatori che, pur restando fedeli alla forma della visita codificata da S. Carlo, mostrano maggior o minore sensibilità storico - artistica. Un eloquente esempio è dato dal modo con cui viene considerata la vasca monolitica di cui i visitatori generalmente notano la grandezza e i lati scolpiti, anche se, naturalmente, viene considerata prima di tutto per la sua funzione con l'inserimento a più riprese di un vaso ad acquasantiera; la descrizione più precisa è contenuta nella visita del card. Federico Borromeo (1612), in cui emerge la sensibilità artistica del presule, mentre l'arcivescovo Romilli (1852) considera l'antico fonte come una sorta di zoccolo su cui poggia il ciborio. Il fonte, che nel 1567 era collocato presso la parete aquilonare, sotto la scala che conduceva alla tribuna, viene subito trasferito nell'angolo orientale della parete opposta, ove resta sino al 1808, quando ritorna al centro della parete settentrionale, da cui verrà spostato nell'attuale posizione in occasione dei restauri del 1878. Un'altra vicenda di adattamenti continui riguarda l'altare: quando, intorno al 1580 i confratelli di S. Marta convertirono il presbiterio nel loro oratorio, l'altare era staccato dalla parete di fondo su cui erano posti degli stalli in muratura; nel 1616 gli scolari ottennero di poter addossare l'altare alla parete orientale, operando, a fine XVII secolo, ulteriori modifiche per ospitare sotto la mensa il simulacro del Cristo morto, utilizzato per la processione dell'Entierro; infine con i lavori di inizio Ottocento l'altare venne ulteriormente incassato nel muro. La scala che saliva alla tribuna, lungo la parete settentrionale, è legata a doppio filo con il sottostante altare (ora scomparso) dedicato alla B. V. Maria; sin dalla visita del 1567 venne ordinato l'abbattimento della scala e la costruzione di un'altra sulla parete opposta, a tal fine S. Carlo inviò a Varese il suo architetto di fiducia, Pellegrino Tibaldi; ma di tale disposizione non se ne fece nulla, sino al 1617, quando, abbattuta la scala interna, venne edificata l'attuale, posta all'esterno tra la parte orientale della chiesa battesimale e l'antica "domus" arcivescovile. L'altare ligneo aveva un ancona affrescata raffigurante la B.V. Maria con il Bambino tra i SS. Antonio Abate e Sebastiano; nella seconda metà del XVI secolo l'immagine era oggetto di particolare venerazione ed era ritenuta miracolosa, così come attestavano numerosi ex voto, dapprima in cera, poi in rame; davanti ad essa ardeva una lampada alimentata dalle offerte dei fedeli e curata da una donna di nome Orsola. E' probabile che l'abbattimento della scala abbia incontrato forti resistenze da parte dei Varesini che temevano un danneggiamento dell'immagine; tale timore venne superato, quando nel 1617 l'ancona venne staccata e posta insieme all'altare contro la parete che separava l'aula dall'oratorio di S. Marta: l'occasione venne sottolineata, come ricorda il cronachista Tatto, da solenni celebrazioni. L'immagine, ancora esistente nel secolo scorso, è poi andata dispersa; si può ipotizzare che, con il passare del tempo, la devozione nei suoi confronti sia andata scemando a favore di quella verso l'Addolorata. L'antichità del S. Giovanni, sede del fonte battesimale, luogo della nascita alla Grazia, suggerì al card. Federico Borromeo un accorato appello alla generosità dei Varesini affinché generosamente si adoperassero per la sua conservazione ed il suo restauro. In un'epoca ove la nascita delle parrocchie aveva portato ad un certo allentamento dei legami plebani, le cerimonie del sabato santo e della vigilia di Pentecoste costituivano un momento di unità dei parroci di tutta la pieve intorno al I restauri di fine Ottocento e quelli del 1948 - 1949 affrontarono, con differenti sensibilità e tecniche, i problemi del battistero come monumento, mentre negli ultimi decenni il nostro "bel San Giovanni", da sempre così legato alla fede dei Varesini, ha subito una crisi di identità, da una funzione liturgica come "sepolcro" nel triduo pasquale alla celebrazione di matrimoni; da sede di mostre che hanno fatto epoca, come le mostre biblica e missionaria promosse da mons. Manfredini, nello spirito del Concilio Vaticano II, alle ultime esposizioni relative al patrimonio storico - artistico della Basilica. L'inizio del terzo millennio dell'era cristiana ci consegna il Battistero ancora bisognoso di interventi materiali, ma ancor più di un netto recupero della sua peculiare identità: la ripresa tra le sue mura della celebrazione del Sacramento del Battesimo indica la via da percorrere per consegnarlo alle generazioni future come testimone di pietra della fede delle genti varesine.
Storia del rito del Battesimo
Chi oggi giunge a Varese per visitare il battistero trova un edificio a pianta quadrangolare; al centro il visitatore può ammirare una vasca battesimale scavata nel pavimento, di forma ottagonale, sopra la quale si eleva un'altra vasca monolitica, ad altezza d'uomo, pure di forma ottagonale, al cui interno è stato infine collocato un piccolo fonte a forma di acquasantiera, analogo a quelli che siamo abituati a vedere normalmente nelle cappelle battisteriali delle nostre chiese. Tale situazione è l'esito finale di una lunga evoluzione, che ci permette in maniera chiara e sintetica di ripercorrere praticamente la storia stessa del rito del battesimo così come nella liturgia si è venuto configurando e sviluppando. Per comprendere adeguatamente come, nella storia della liturgia, si sia sviluppato il rito del battesimo in collegamento con lo sviluppo architettonico di battistero e fonte battesimale, dobbiamo partire da due brevi passi neotestamentari tratti dagli scritti di san Paolo. Innanzitutto la lettera ai Romani (6,4-5), dove l'apostolo afferma: "Per mezzo del battesimo siamo stati dunque sepolti insieme con Cristo nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione". Analogo il testo che troviamo nella lettera ai Colossesi (2,12): "Con Cristo infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti". In questi due brevi testi Paolo accosta il battesimo al mistero pasquale di Cristo (morte e risurrezione): coerentemente il rito del battesimo, che comporta di sua natura i due successivi atti dell'immersione e dell'emersione dall'acqua, venne interpretato fin dall'epoca antica, come un'azione misterica nella quale il neo battezzato rivive personalmente l'evento salvifico della pasqua del Signore. Ciò impose conseguentemente che lo stesso spazio celebrativo riservato a tale rito venisse strutturato in maniera tale da rendere in qualche modo visibile e sperimentabile l'esplicitazione di tale movimento di "discesa" e "risurrezione". Si può, quindi, riassumere come segue lo sviluppo del gesto sacramentale del battesimo nelle sue varie scansioni lungo la storia della liturgia: dall'immersione totale (secondo la forma orizzontale) si passa a quella parziale (secondo la forma verticale), con il corrispettivo cambiamento architettonico dalla vasca paleocristiana scavata nel pavimento alla vasca che si erge dal pavimento per giungere infine al fonte a forma di coppa; all'immersione parziale si aggiunge l'infusione dell'acqua sul capo, mentre con la generalizzazione del battesimo degli infanti, l'immersione finisce con il ridursi, per stilizzazione, alla sola intinzione del capo. Il passo successivo, al di fuori delle terre di rito ambrosiano, sarà la scomparsa pratica di ogni gesto di immersione, per quanto stilizzato, tanto che dal secolo XV la norma per l'amministrazione del battesimo è la sola infusione dell'acqua sul capo dell'infante. L'attuale sistemazione del battistero di Varese, con la felice sovrapposizione dei tre fonti battesimali, con i ricchi richiami simbolici dell'impianto ottagonale (giorno ottavo ossia il superamento e l'annullamento della scansione del tempo e l'introduzione all'eternità di Dio) e di quello esagonale (i sei giorni della creazione, riferimento trinitario, come multiplo di tre, in chiave antiariana, riferimento a Cristo stesso, il cui monogramma o chrismon è inscrivibile in un esagono) di ascendenza santambrosiana o più in generale patristica, può essere giustamente considerato come una mirabile sintesi architettonica dell'intera linea storica in cui la celebrazione del battesimo, in connessione ai contenuti dottrinali in essa implicati, si è andata progressivamente evolvendo. E così il visitatore che giunge al battistero di Varese, qualora sappia riannodare i fili di questa lunga linea storica che dal secolo VII è giunta sino a noi, troverà in questo edificio non solo un'interessante testimonianza di arte e archeologia, ma anche, se non soprattutto, un luogo dove si è per così dire condensata la tradizione liturgica della Chiesa in riferimento al sacramento della rinascita battesimale.

Il Battistero


Affresco lunetta laterale


San Giovanni


Affresco altare