edicola - articoli
Articolo 10/11/2013
Non sarà una cosa veloce e frettolosa, ma ci si può aspettare una riforma incisiva. C'è già una sorta di calendario: la prossima riunione del Consiglio dei cardinali - voluto da Papa Francesco subito dopo la sua elezione per disegnare le nuove prospettive della Curia romana - è già fissata per i primi di dicembre e a febbraio, in occasione del Concistoro per la creazione di nuovi cardinali, si terrà una riunione non formale del collegio cardinalizio.
Infatti, verosimilmente, i cardinali faranno il punto sul processo di riforma indicato a gran voce come richiesta fondamentale nel corso delle riunioni delle congregazioni che hanno preceduto l'elezione di Papa Francesco.
Il tutto con grande serenità. Per questo, se è comprensibile che si scateni la fantasia degli osservatori ed il relativo toto-nomi, quel che conta è la prospettiva. Il punto, infatti, è riuscire a realizzare uno stretto raccordo tra strutture e apparati - di cui non si può comunque fare a meno e che devono essere di grande qualità e valore - e modalità, obiettivi e metodi di quella nuova evangelizzazione che, lanciata da Paolo VI in un memorabile documento del 1975 (non a caso frutto di una assemblea sinodale come urgente necessità dopo il Concilio) e la sua prima complicatissima attuazione, seminata in tutto il mondo da Giovanni Paolo II, alimentata da Benedetto XVI con precisi contenuti, Papa Francesco sta testimoniando in modo molto naturale con uno stile che riesce a parlare veramente a tutta la variegata umanità del nostro tempo.
Un tempo che è difficile da definire, se non forse per le molteplici attese che esprime, e che Papa Francesco interpreta con molta naturalezza, predicando la conversione e la misericordia a tutti e a ciascuno. Il suo "successo", infatti, che non deve ingannare ma certo deve fare riflettere, sta proprio qui: nel saper porre le domande giuste, capaci di suscitare in ciascuno un atteggiamento di riflessione e di discernimento come primo ed iniziale passo di un vero cammino spirituale.
Messa in questi termini, l'operazione istituzionale risulta, dunque, molto lineare: certamente non facile per la grande complessità dei piani e dei livelli, ma necessaria perché si tratta di mettere in sintonia le strutture - come sempre e periodicamente è necessario fare - con obiettivi e necessità sostanziali. Questo passo rappresenta indubbiamente una sfida, ma anche una grande opportunità: per la Chiesa stessa, innanzitutto, riflettendosi poi anche nelle sue diverse articolazioni continentali, nazionali, regionali e diocesane. Ma anche per le altre istituzioni, in tutte le direzioni.
mons. Gilberto Donnini