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Articolo 23/06/2013

LE RADICI E LE ALI


Ricorre spesso, nei dibattiti, nel parlare comune, l'aggettivo "tradizionale" riferito alla famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, oppure a commento della visione cristiana della vita umana. Gli aggettivi non sono mai neutrali, trasmettono messaggi che influiscono sulla formazione della mentalità e del giudizio.
"Tradizionale" ha un po' il sapore delle cose passate, superate, lontane. Se, per alcuni aspetti, questo è vero, c'è però dell'ambiguità quando l'aggettivo viene incollato, come un'etichetta, anche a valori e principi che, per il loro radicamento nella verità, attraversano il tempo senza consumarsi.
Fare chiarezza è importante, per promuovere non interessi di qualcuno, ma un valore che impegna tutti: la verità. Fare chiarezza con scelte concrete è altrettanto importante, ma oggi è forse più urgente fare chiarezza con le parole. E, in questa prospettiva di responsabilità, il linguaggio cristiano, sui grandi temi della famiglia e della vita, deve scoprirsi e proporsi meglio come il linguaggio del futuro e per il futuro.
Alle attese più profonde di uomini e donne, che sono domande di felicità, risponde l'alleanza tra le radici e le ali, tra la memoria e il progetto, tra le generazioni che si susseguono nella storia con il respiro dell'eternità; immagini un po' lontane, forse, in una cultura della velocità e dell'inseguimento della cronaca. Può essere, ma c'è un cammino dell'uomo che, accompagnandosi con altri e diversi cammini sulle strade del mondo, crea incroci, cioè luoghi di domande, di risposte, di ascolti reciproci, di ricerca comune.
Spazi di umanità dove i cartelli indicatori sono i volti di persone, famiglie e comunità che raccontano la bellezza della verità, con il linguaggio della gioia, anche nelle ore della fatica e della sofferenza.
In un tempo di crisi, di incertezza e di paura è, quindi, la gioia il messaggio più rivoluzionario che un cristiano, una famiglia e una comunità cristiana possano trasmettere. Gioia che non ignora la sofferenza ma non la ritiene la parola vincente. Il realismo non è tristezza o pessimismo e non ci si può aggiungere alla lista di quanti, avendone anche un comprensibile motivo, vivono questi stati d'animo.
La trappola dell'insignificanza si apre proprio nei passaggi più ardui del vivere, quando alla domanda di speranza si risponde con parole vane o con il nulla. Bisogna esserne consapevoli: comunicare gioia, comunicare futuro, non viene dall'improvvisazione ma da un esercizio interiore che non si chiude in se stesso, ma si propone ad altri come ricerca dei significati più alti e più belli del vivere.
Questa ricerca c'è anche oggi, nasce e cresce in molte famiglie e in molte esperienze di ascolto, di solidarietà, di condivisione, di impegno. A tenere viva nel tempo questa ricchezza e a collegarla con il futuro è il sentirsi responsabili gli uni degli altri, è la passione per la verità e per il bene comune, è trasmettere con gioia il sapore del futuro. Ma c'è un luogo insostituibile dove tutto questo nasce e cresce: la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Il sorriso di questi volti è la più bella e positiva risposta all'uso improprio, e talvolta fuorviante, di un aggettivo.

mons. Gilberto Donnini




















































































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