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Articolo 09/06/2013
"Davvero in questo momento così decisivo ci si rende conto che la preghiera è il livello più profondo della vera politica". In una stagione non lontana che vedeva il nostro paese in affanno politico ed istituzionale, Giuseppe Cacciami, un maestro del giornalismo cattolico italiano, concludeva con queste parole la sua lettera ad un amico.
Chiamare in campo la preghiera mentre una crisi dai molti aggettivi porta a ben altri pensieri, può apparire del tutto fuori luogo e fuori tempo, ma queste parole - anche oggi attuali - non intendono sorvolare i dubbi e non vogliono neppure rimanere estranee alle riflessioni degli analisti e dei commentatori politici. Non c'è nessuna volontà di prendere le distanze da una realtà piena di problemi e di cambiamenti, ma c'è il desiderio di aiutarla a prendere quota, liberandola dai lacci del basso profilo e del piccolo cabotaggio.
L'impresa è difficile: anche la gente del quotidiano prende atto della asprezza della china da risalire, mentre è preoccupata ed in attesa di risposte rapide ed efficaci. La comunità cristiana, fatta da gente del quotidiano, sa bene che la politica e le istituzioni hanno bisogno di riforme ma, nello stesso tempo, sente che c'è qualcosa di specifico, di peculiare, che il vivere e pensare la fede devono offrire perché un'impresa difficile non diventi un'impresa impossibile.
Di questi sentimenti c'è un'espressione ogni domenica, quando nelle chiese l'assemblea risponde all'invito di pregare per chi ha responsabilità politiche, di governo, di costruzione del bene comune e della giustizia. Solo un osservatore superficiale può ritenere che si tratti di formule abitudinarie alle quali la gente è chiamata a rispondere meccanicamente. Non è così: quelle persone vivono sulla propria pelle le difficoltà e il disagio e hanno fiducia nella forza della preghiera perché la sperimentano nella fatica di ogni giorno.
C'è poi anche la storia a richiamare un percorso sul quale uomini e donne hanno testimoniato, con la loro fede ed intelligenza, che imprese ritenute umanamente impossibili sono state rese possibili e quindi realizzate. Quanta preghiera queste persone hanno messo nel loro impegno di costruttori di solidarietà e di speranza? E i politici, con le loro specifiche competenze, non dovrebbero essere tra questi? E la comunità cristiana non dovrebbe prendere maggiore coscienza della propria responsabilità cominciando proprio dall'approfondire il significato del pregare per la politica e i politici?
Non è importante dare un segnale all'esterno sul rapporto tra preghiera e politica, non per convincere o convertire, ma per aprire altre possibilità, altri spazi di pensiero accanto a quelli degli esperti e degli addetti al lavori?
Non esistono risposte prefabbricate ma esistono uomini e donne che vivono l'impegno politico come forma esigente di carità, ben consapevoli che questa scelta non regge senza un fondamento interiore e senza il sostegno (anche di preghiera) di una comunità.
"Davvero in questo momento così decisivo ci si rende conto che la preghiera è il livello più profondo della vera politica": la frase finisce qui perchè Cacciami sapeva che un giornalista, per la fiducia che ha nell'intelligenza del lettore, non deve aggiungere altro.
mons. Gilberto Donnini