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Articolo 24/03/2013
I segnali sono molti e convergenti: tra la festa della Madonna di Lourdes e quella di San Giuseppe di questo 2013 abbiamo assistito in diretta - stupiti, emozionati e straordinariamente partecipi - a un passaggio storico nella Chiesa. E, siccome la Chiesa vive nella storia, a un messaggio forte della Chiesa al mondo, a proposito dei tempi che stiamo attraversando in questo XXI secolo.
È ancora presto per esprimere giudizi, ma la sensazione è che si sia conclusa una fase - otto-novecentesca - e si stiano profilando le forme di un pontificato per i tempi nuovi: "Camminare, costruire, confessare", ha detto Papa Francesco ai cardinali nella prima celebrazione dopo l'elezione. Comincia una fase nuova, ben piantata nella storia, ma aperta, fuori delle categorie tradizionali, che spiazza le retoriche e le contrapposizioni, parte e arriva all'essenziale. Non è un caso che l'altra parola-chiave che ricorre negli interventi di inizio del pontificato sia stata "misericordia". Un osservatore laico ha sintetizzato tutto questo in una frase: "Il nuovo pontefice è un uomo di unità, non uno che divide".
La Chiesa cattolica offre così un riflesso di dinamismo e flessibilità che ha stupito molti osservatori: non che i problemi siano cancellati o dissolti, certamente, ma sono inquadrati in modo da poter essere affrontati.
È questo il senso della grande liturgia di inizio del pontificato: "Dio non desidera una casa costruita dall'uomo, ma desidera fedeltà alla sua parola, al suo disegno; ed è Dio stesso che costruisce la casa, ma di pietre vive segnate dal suo Spirito". Il vero potere è il servizio, prima di tutto ai più umili, come nel giudizio universale che il Papa evoca con serenità.
Modellato su San Giuseppe, il discorso è centrato sul "custodire". Ripete due volte: "non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza". Perché tutti, dai grandi della terra ad ogni uomo, siamo "custodi". Qualcosa che ci è dato (da Dio) ed è affidato alla nostra iniziativa: siamo custodi "della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell'altro, dell'ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!" Tutti, non solo i cristiani.
Così il Papa Francesco, al termine di una omelia breve, mite e sobria, ma straordinariamente densa, riafferma il "centro della vocazione cristiana: Cristo!" (con il punto esclamativo) e conclude con due indicazioni che diventano linee. La prima è sostanzialmente spirituale: "Per 'custodire' dobbiamo anche avere cura di noi stessi. Ricordiamo che l'odio, l'invidia, la superbia sporcano la vita". La seconda può essere la "cifra" del pontificato, perché questo custodire, in tutto il suo significato, apre "l'orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza. L'orizzonte di Dio che ci è stato aperto in Cristo, è fondato sulla roccia che è Dio".
Dalla roccia della fede alle frontiere del mondo: Papa Francesco purifica del superfluo e invita a mettersi in cammino insieme.
mons. Gilberto Donnini