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Articolo 10/03/2013

UNITÁ E COLLEGIALITÁ


Sono in corso i lavori delle Congregazioni generali: i cardinali che tra qualche giorno, come è stato nel 2005, si affacceranno dai loggiati di S. Pietro per fare corona con le loro vesti rosse al Papa appena eletto, sono adesso al lavoro. Si confrontano sullo stato della Chiesa e cominciano a delineare il profilo di chi tra pochi giorni potrebbe essere eletto; discutono, ascoltano, pregano. Si tratta di un processo unico, guardato con interesse e rispetto da tutto il mondo.
L'istituzione più universale di questo mondo, pure "globalizzato", rinnova così - ed anzi, se possibile, approfondisce e mostra a tutti - la sua dinamica di unità e collegialità. I cardinali stanno discutendo degli affari della Santa Sede, dei diversi dicasteri e i loro rapporti con gli episcopati, del rinnovamento della Chiesa alla luce del Concilio Vaticano II, dello stato della Chiesa e delle esigenze della evangelizzazione nel mondo e nelle diverse situazioni culturali, come si legge nei comunicati.
Il collegio dei cardinali, che pure ha una sua storia particolare legata proprio alla realtà del Papa come vescovo di Roma, di fatto oggi rappresenta il collegio episcopale. E proprio in questo Anno della Fede e dei cinquant'anni del Concilio più partecipato della storia, risaltano le parole di uno dei documenti più importanti ed ispirati del Vaticano II, la costituzione dogmatica "Lumen Gentium" sulla Chiesa: "Questo collegio - è detto a proposito del collegio episcopale - in quanto composto da molti, esprime la varietà e l'universalità del popolo di Dio, in quanto poi è raccolto sotto un solo capo, significa l'unità del gregge di Cristo". È l'identità della Chiesa, realtà visibile e spirituale, come sempre la definisce il Concilio, che opera nella storia, ma non può che poggiare sulla fede.
"Quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani", si legge nel Concilio, Paolo VI affermava che la fede è il "segreto" della Chiesa. Già il documento conciliare era ben consapevole che non mancavano i problemi, e questi non sono solo le persecuzioni. Oggi quella cattolica è la religione più sottoposta a violenza sul piano universale, come tutti sanno e alcuni fanno fatica a riconoscere. I problemi sono anche interni. Benedetto XVI ne ha parlato con grande libertà e verità: il Concilio ricordava che la Chiesa "dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che vengono sia dal dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce".
La Chiesa, ha ricordato Benedetto XVI ai cardinali l'ultimo giorno del suo pontificato, assicurando al suo successore "incondizionata reverenza ed obbedienza", è un corpo vivente, nel mondo, ma non del mondo perché di Dio. Questa complessa consegna deve essere sempre resa attuale, e non è di certo facile.
Richiede la realtà della comunione, ora chiamata ad un nuovo passaggio nella scelta del nuovo Papa.

mons. Gilberto Donnini




















































































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