edicola - articoli

Articolo 01/04/2012

LE SPESE DELLO STATO


Nel 2006, durante il secondo governo Prodi, l'allora Ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa diede incarico al sottosegretario Nicola Sartor di verificare come lo Stato italiano spendesse i suoi soldi, in particolare nella sanità che, insieme alla previdenza, è la voce principale di spesa. Un incarico dettato dal fatto , appunto, che lo Stato non sempre sa quanto spende e ne sa ancora meno sul come.
Potrebbe sembrare incredibile, ma era ed è così. Quel processo di valutazione della spesa pubblica è morto con la fine del governo Prodi perché è intervenuto il discorso del federalismo fiscale che era imperniato proprio su una diversa dislocazione e spesa delle risorse pubbliche. Come andò quella esperienza? Ad esempio qualche regione ignorava in sostanza i suoi livelli di spesa e quindi non li comunicò a Sartor. Altre regioni tenevano (e forse tengono ancora oggi) una contabilità a spanne.
Per la verità, il successivo Ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, aveva adottato un metodo assai spiccio che bypassava la valutazione della spesa e tagliò con quelli che vennero chiamati i "tagli lineari". Significava: si spende il 10% in meno, senza guardare al come ma solo al quanto. Metodo non giusto ma comprensibile se si voleva recuperare immediatamente determinate somme.
Ora si ritorna al recente passato: il premier Mario Monti ha affidato al Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, il compito di verificare il finanziamento dei servizi alle amministrazioni centrali. Insomma fare i conti di cassa sui soldi che lo Stato spende (sembra circa 100 milioni)per far funzionare la sua burocrazia "centrale". Lo Stato di soldi, in un anno, ne spende assai di più (circa 800 miliardi di cui una settantina solo di interessi passivi sul debito pubblico): ora si comincia dal voler verificare i contratti di fornitura di beni e servizi che scadranno da qui al prossimo anno e a valutare alcuni programmi di spesa esistenti e considerati non proprio prioritari.
"Il processo di riordino dell'intera spesa pubblica richiederà anni", ha dichiarato il Ministro. Non è già facile capire come si disperde il fiume delle tasse nei mille rivoli di spesa pubblica, figurarsi se poi sarà facile capire la qualità stessa dei quella spesa.
Si dirà: perché non affrontare tutto l'ammontare della spesa pubblica? Perché la valutazione di buona parte di questa è quanto di più politico si possa fare. Un conto è verificare se tutte le amministrazioni pubbliche seguono gli stessi criteri, ad esempio negli acquisti.
Un altro conto è stabilire se la scuola o la sicurezza meritino più o meno risorse di oggi, se le famiglie vadano più o meno sostenute, se la previdenza si debba muovere in questa o quella direzione, se la sanità sia una voce da tagliare o da incrementare, se devono prevalere le esigenze di un territorio o la redistribuzione a livello nazionale. È qui che la politica dovrebbe distinguersi, è qui che può segnare la differenza. È qui che dovrà misurarsi la nuova politica italiana, una volta terminata l'esperienza dei "tecnici".

mons. Gilberto Donnini