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Articolo 25/12/2011
In questi giorni molte persone in molti angoli del mondo camminano ai bordi del presepio. Qualcuno li attraversa e si mette con il pensiero a fianco dei pastori fino a spingersi alle soglie di una grotta.
Altri compiono ogni giorno con la vita questo attraversamento, perché, per loro, il presepio è il paesaggio umano da abitare con fiducia e responsabilità. Non è una scenografia da montare a dicembre e smontare a gennaio perché, se fosse così, si tradirebbe un messaggio di speranza che non si può impacchettare con le statuine il giorno dopo l'Epifania. Dicono, soprattutto, queste persone, che non si può chiudere se stessi in una scatola costruita con un materiale più resistente del cartone: un contenitore fatto con la scorza impenetrabile dell'indifferenza oppure con quella della tradizione svuotata del suo valore spirituale e culturale.
Camminare ai bordi del presepio è camminare ai bordi del mistero di Dio; è camminare nel tempo ai bordi dell'eternità. È aggiungere nel presepio la statuina del bimbo che Agostino vide intento a versare l'acqua del mare in un buco nella sabbia. Quel piccolo aveva ragione: vivere significa mettere un po' di eternità nelle scelte più semplici, è un esercizio di cui si avverte la mancanza in una società convinta di essere in grado di superare sempre ogni difficoltà e ogni crisi solo con le proprie forze.
Camminare ai bordi del presepio è anche camminare ai bordi del mistero dell'uomo: varcarli significa condividere la fatica, la povertà, la non considerazione sociale dei pastori che hanno sentito l'annuncio dell'angelo ma ancora di più il loro stupore di trovarsi protagonisti dell'incontro tra infinito e quello che finisce. Quei pastori oggi hanno i volti dei disoccupati, degli immigrati, delle persone disabili, di quanti vengono privati del futuro.
Camminando ai bordi del presepio con il passo di chi ricerca la verità ci si può accorgere che i confini lentamente svaniscono e ci si trova dentro quel paesaggio umano che ogni giorno ci viene incontro. Ci si accorge che il presepio vivente non è solo quello delle sacre rappresentazioni, ma è il mondo, con le sue angosce e le sue attese, con le sue domande di felicità. Il mondo cammina ai bordi dell'eternità, l'eternità cammina ai bordi del mondo, eternità e mondo si cercano in continuazione. Tra loro c'è un dialogo permanente che alle voci preferisce il silenzio perché, come accade nel presepio, questa è la forma più alta e più profonda di comunicazione.
E così torna alla mente il silenzio nel quale il piccolo, incontrato da Agostino sulla riva del mare, versava l'eternità nel tempo. Forse non bisogna mettere una statuina in più nel presepio perché quello visto da Agostino sulla riva del mare assomiglia moltissimo al bambino della grotta. Anche lui cammina ai bordi della vita di ogni uomo pronto ad attraversarli al primo cenno, per condividere la vocazione eterna di ogni uomo, vocazione che forse qualcuno può tentare di rimuovere, ma nessuno può cancellare. Neppure nel tempo della crisi e dell'incertezza.
mons. Gilberto Donnini