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Articolo 11/09/2011
L'anniversario è purtroppo importante: sono passati dieci anni dall'attentato che ha distrutto le Twin Towers e di questo sono state riproposte moltissime immagini e testimonianze. Vale però la pena di chiedersi se quell'avvenimento ha davvero cambiato la storia, come si è sentito ripetere.
A seguito dell'attacco, come si ricorderà, si chiese il consenso intorno ad un'azione che "punisse" i colpevoli: così si intervenne in Afghanistan e, ottenuta la caduta dei talebani, ci si spostò in Iraq e per giustificare lì l'intervento militare vennero presentati studi e "prove" (poi rivelatesi infondate) dell'esistenza di armi di distruzione di massa,.
La presidenza Bush era arrivata alla Casa Bianca con grandi ambizioni internazionali: nell'avvio del nuovo secolo, definitivamente sconfitto il comunismo, gli Stati Uniti avrebbero dovuto promuovere la democrazia e il libero mercato nel mondo assumendo, senza paura, le necessarie responsabilità militari. È in questo ambito che nacque l'idea di esportare la democrazia anche con le armi, ben prima che le Torri venissero colpite. E, di fronte a queste scelte, l'attentato non sembra aver cambiato realmente la storia, ne ha solo reso più rapido lo sviluppo perché l'attentato divenne l'occasione per metterle in atto con un consenso che altrimenti sarebbe stato più difficile da ottenere.
Il successo dell'esportazione della democrazia con le armi è sotto gli occhi di tutti. A Bagdad e a Kabul la situazione è tuttora irrisolta e il rapporto tra occidente e mondo arabo e musulmano non è certamente migliorato. Inoltre quella stagione politica, con la liberalizzazione incontrollata del mercato finanziario, ha creato le premesse di una crisi drammatica che stiamo ancora attraversando. Anche gli Stati Uniti sono stati colpiti dalla disoccupazione e dal declassamento del debito, mentre, sul piano economico si presentano nuovi attori, dalla Cina al Brasile, all'India che operano sul piano internazionale senza complessi di inferiorità. Il cambiamento economico diventa un fatto politico mondiale e i paesi cosiddetti "sviluppati" non possono più decidere da soli come qualche anno fa.
La distruzione delle due Torri non manifesta conseguenze precise neppure nel mondo musulmano: la situazione mediorientale resta un rompicapo, il consenso verso il fondamentalismo non si è consolidato e il fermento arabo di questi ultimi mesi è nato lontano da Bagdad e da Kabul e certamente non in sintonia con le prediche fondamentaliste.
C'è una dimensione, invece, in cui l'11 settembre segna un cambiamento netto: la lotta alla povertà. Gli ultimi anni del secolo passato e il Giubileo avevano segnato una stagione straordinaria, con la campagna per la cancellazione del debito estero e il lancio degli obiettivi di sviluppo del millennio, da raggiungere nel 2015, per dimezzare la povertà del pianeta. L'attentato ha di fatto congelato gli impegni e cambiato le priorità dell'agenda internazionale: senza quell'evento, forse oggi gli obiettivi del 2015 non sarebbero così lontani.
mons. Gilberto Donnini