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Articolo 29/08/2010

UN "IO" CHE INQUINA


Si sta concludendo il periodo delle vacanze e l'augurio è che per tutti si tratti di una "ripresa" autentica e serena: autentica perché i segnali di crisi non sono ancora superati e restano molte situazioni di difficoltà, serena perché le polemiche ferragostane non aiutano ad intravedere un futuro senza problemi.
Ma, proprio a consuntivo del periodo di vacanza e come indicazione preziosa per in tempi che verranno, crediamo valga la pena di richiamare alcune parole pronunciate dall'Arcivescovo nell'omelia del 15 agosto, festa dell'Assunzione di Maria al cielo.
"Il rischio che tutti corriamo - ha detto - è di guardare in basso, solo in basso, imprigionati e rovinati come siamo dal nostro 'io' che, ripiegandosi su se stesso, tende ad assolutizzarsi, a configurarsi come un 'idolo' da adorare e per il quale si è disposti a sacrificare tutto".
Il Cardinale invita a "guardare in alto", a Maria Assunta, proprio perché "un 'io' così inquina il rapporto essenziale che ciascuno di noi ha con gli altri: siamo fatti per l'incontro e la relazione. Quando, però, sull'incontro e sulla relazione prevale l'affermazione del proprio 'io', la sensibilità verso l'altro diventa indifferenza, l'impegno verso l'altro non è più percepito e vissuto come responsabilità, il dono di sé all'altro qualcosa di non dovuto".
Un soggettivismo, quindi, che il card. Tettamanzi definisce un "virus che mina anche la famiglia" mentre "i limiti di un 'io' così, ripiegato su se stesso, non è difficile riscontrarli anche là dove ci si esprime con un 'noi'. In realtà, anche nelle stesse occasioni in cui si vivono modi di essere e di agire associati, non necessariamente si è di fronte a relazioni veramente aperte all'altro".
Dalla famiglia alla società il passo è breve, e il cardinale aggiunge che lo stesso male "purtroppo capita in alcuni gruppi, dove l'interesse che è al centro dell'associarsi è 'privato', esclusivamente corporativo, per tutelare interessi particolari e parziali, dove il bene dei singoli non è perseguito in relazione al bene comune dell'intera società, ma ricercato contrapponendosi ad altri, non di rado a scapito del danno del bene altrui".
Inevitabilmente si arriva anche al livello politico e l'Arcivescovo afferma che "questo atteggiamento è altrettanto grave e gli effetti altrettanto dannosi quando è realizzato da coloro dai quali, invece, si attenderebbe un contributo decisivo alla costruzione del bene comune: penso ad alcuni modi di vivere il 'noi' tipico dell'esperienza dell'associarsi per fare politica, sindacato, impresa economica, servizio pubblico o - addirittura - ad alcuni modi di vivere l'esperienza ecclesiale�In apparenza si dichiara di essere a servizio degli altri, in realtà si considerano 'gli altri' funzionali ai propri interessi. Così, senza l'apporto di queste istituzioni al bene di tutti, la città e il paese non sono più guidati e sostenuti in un percorso ragionato e lungimirante di crescita complessivo, attento ai bisogni di tutti. Gli interessi dei singoli e dei singoli gruppi prevalgono violentemente, ferendo e disgregando la città, limitando la sua progettualità, esponendo ad ancora maggiori povertà e debolezze chi povero e debole lo è già".

mons. Gilberto Donnini