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Articolo 27/06/2010
"Carissimi, noi vescovi, riuniti in assemblea generale, abbiamo avvertito il forte desiderio di scrivervi mentre l'anno sacerdotale si avvia alla conclusione". Inizia così il "Messaggio dei vescovi italiani ai sacerdoti che operano in Italia".
"Carissimi, anche noi laici sulle strade del mondo abbiamo avvertito, coi nostri vescovi, il forte desiderio di scrivervi mentre l'anno sacerdotale si avvia alla conclusione".
Non è l'inizio di un altro messaggio ai preti, ma l'inizio di un breve pensiero mentre si stava concludendo l'anno che Benedetto XVI ha voluto offrire, non solo alla Chiesa, come una sorta di riflessione perché c'è "qualcosa" nel prete che pone domande dentro e fuori dei confini ecclesiali. Anche chi ha un'altra fede, anche chi non crede e vuol guardare oltre le siepi dell'ideologia e del conformismo, si pone alcune domande avvertendo nel prete "qualcosa d'altro" a partire dallo stesso celibato che il Papa, nella veglia del 10 giugno in piazza S. Pietro, ha definito "un grande scandalo" rispetto alla cultura dominante perché, ha aggiunto, è come una "anticipazione del futuro".
Perché questa scelta? Perché quel "sì"? Perché quella vita? Perché quei gesti? Perché quelle parole? Perché? Far nascere e ascoltare domande è il primo movimento del "qualcosa d'altro" che è nel prete: comincia da qui il suo bussare alla porta della coscienza. Perché il prete non entra con la forza, bussa, sta alla porta e attende che qualcuno apra. Non smette di bussare, pur con quella delicatezza e fermezza che il Papa indica come stile di comunicazione della Chiesa: il prete sa che bussa a nome di un Altro.
"Carissimi, anche noi laici sulle strade del mondo…". Anche il preti sono sulle strade del mondo e il richiamo della strada arriva loro attraverso i laici: è il frutto di una vicinanza matura tra preti e laici, tanto più feconda quanto più entrambi si pongono al servizio della verità comunicandola non con arroganza, ma con attenzione premurosa all'altro perché l'accolga in libertà e con responsabilità.
"Carissimi, noi laici... abbiamo avvertito il forte desiderio di scrivervi…": scrivervi non solo sulla conclusione dell'anno sacerdotale, non solo in qualche occasione particolare, non solo e non tanto con la penna o con il computer. Scrivervi con la fatica di ogni giorno per condividere la misura alta delle scelte quotidiane a partire da quella di chi mette la propria vita nelle mani di Dio dicendo, così, che solo da questo gesto può nascere ogni altro autentico gesto di amore.
"Carissimi, noi laici... mentre l'anno sacerdotale si avvia alla conclusione": l'anno si è chiuso, un tempo si esaurisce e si apre all'eternità. Ed è per il richiamo all'incontro tra infinito e finito che dai laici viene il grazie ultimo al prete. Un richiamo che avviene nei momenti più belli e anche in quelli più dolorosi della vita; un richiamo al quale nessuno resta indifferente, neppure chi non crede, soprattutto nei momenti del perdono, quando la misericordia di Dio cancella la miseria attraverso le parole ed il gesto di un prete.
mons. Gilberto Donnini