edicola - articoli
Articolo 18/04/2010
Molti varesini stanno per recarsi, o si sono già recati a Torino - come è avvenuto per il sottoscritto mercoledì scorso - per l'ostensione della Sindone. Era un giorno feriale e, quindi, ci si aspettava di incontrare gente ma non poi così tanta: ebbene a Torino si è visto uno "spettacolo" che non è usuale sulle piazze delle nostre città e tanto meno sulle "piazzette" televisive.
Una fila ininterrotta di persone di tutte le età, pazientemente in coda a percorrere il tragitto di poco più di un chilometro dai Giardini Reali al Duomo che, una volta entrati nel percorso, dura all'incirca un'ora. E questo percorso è un invito a "ripensarsi": su se stessi prima che su Gesù Cristo. Si incontrano grandi immagini del Signore (Mantegna, Bellini, Beato Angelico, Rubens), poi si sale attraverso i resti della città romana (i busti del Museo delle Antichità, il teatro). Si entra nel buio della sala dove la Sindone viene mostrata in anteprima con nuovissime immagini ad alta definizione. E poi ancora un passaggio, l'ultimo nella penombra della Cattedrale.
Infine la Sindone "vera", illuminata nella maniera migliore, compatibilmente con la preoccupazione di non danneggiare il telo, per consentire ai pellegrini di contemplare quel volto e quel corpo segnati dalla violenza, dal dolore, dalla sofferenza. Il cammino del pellegrino è innanzitutto una esperienza spirituale ed è forse proprio per questo che è difficile paragonarlo ad altri raduni o ad altri pellegrinaggi.
Si vedono girare per Torino le facce che vorremmo vedere sempre: gruppi di ragazzi e di anziani, famiglie coi bambini, suore, preti ma anche tanta "gente comune", semplice, contenta di essere lì. Gente soprattutto commossa anche all'uscita, dopo aver potuto contemplare, sia pure per pochi minuti, "quel" Volto.
L'esperienza di "venire per vedere" rende il pellegrinaggio alla Sindone particolare, forse unico: non c'è una "reliquia" a Torino, anche se per i credenti questo telo richiama la Passione di Gesù con una evidenza tale da renderlo comunque "autentico" al di là delle cautele degli scienziati. Non c'è stato qui nessuno di quei miracoli che la Chiesa riconosce; non ci sono apparizioni, né improvvise, né programmate.
Come ha detto Giovanni Paolo II parlando davanti alla Sindone nel 1998, quel telo è "lo specchio del Vangelo": cioè è specchio dell'amore di Dio che ciascuno di noi riesce a rendere visibile mettendosi a servizio dei fratelli, come viene sottolineato dal motto che contraddistingue questa ostensione "Passio Christi, passio hominis". Cioè la Passione del Signore è un esempio e un segno che induce a vedere le "passioni" che sono intorno a noi, fra gli uomini e le donne del nostro tempo.
Chi ha avuto il privilegio di guardare i pellegrini mentre sfilano in silenzio e si fermano per qualche minuto non può fare a meno di pensare che questo è il vero ed unico "miracolo" dell'ostensione: offrire l'opportunità di interrogarsi, riscoprire la propria fede in Gesù martoriato, sapendo che dopo il Sabato santo c'è la domenica di Pasqua.
mons. Gilberto Donnini