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Articolo 20/12/2009
Oggi si celebra in città un importante anniversario, il cinquantesimo dell'oratorio di Casbeno inaugurato il 20 dicembre 1959 dall'allora Arcivescovo, card. Giovanni Battista Montini. Per la circostanza era stato invitato il Vicario Generale della Diocesi, mons. Carlo Redaelli, che aveva accettato prontamente di condividere questo sobrio ma significativo momento di festa con la gente di Casbeno: purtroppo un improvviso ed imprevisto ricovero in ospedale ci priva della sua presenza. Lo sostituisce nel presiedere la celebrazione - alla quale sono stati invitati, oltre ai sacerdoti che prestano attualmente il loro ministero in S. Vittore di Casbeno anche i sacerdoti originari e quelli che hanno svolto qui una parte del loro servizio pastorale - mons. Peppino Maffi, Rettore del Seminario diocesano e ben conosciuto a Varese per la sua presenza come Prevosto.
Ma la circostanza ci invita anche a fare qualche riflessione sul grave ed attualissimo problema dell'educazione e sul ruolo che, nell'itinerario educativo di ragazzi e giovani, può ancora svolgere l'oratorio.
Oggi, non possiamo nascondercelo, c'è un po' di timore di fronte al fatto educativo: oltre alla difficoltà obiettiva che si incontra perché non esistono valori, riferimenti condivisi per cui si ha l'impressione che una cosa vale l'altra, c'è anche lo scoraggiamento di famiglie che si interrogano ansiosamente se sono all'altezza di questo compito e sono tentate dallo scoraggiamento e dallo sconforto. D'altra parte, sembra ci sia un timore, una paura di impegnarsi: si vuole andare sul sicuro e difficilmente si accetta di mettere in gioco la propria vita. Si preferisce il piccolo cabotaggio, l'ordinaria amministrazione spirituale perché sembra più facile e meno impegnativa. Oppure ci si impegna una volta, occasionalmente, straordinariamente e manca la costanza nell'assumersi una responsabilità ed un impegno con continuità.
Questo vale per l'educazione in genere e per l'educazione alla fede in modo particolare, una educazione alla fede che presuppone un itinerario di cui occorre cogliere le tappe. La prima è la fede dell'infanzia: è il momento in cui il bambino riceve tutto attraverso l'intervento di "quelli che sanno" e, in questa fase, la famiglia ha un ruolo fondamentale. Ma il primo momento di fede che è un accogliere, un ricevere, un affidarsi, ad un certo punto si trasforma: Dio non è soltanto uno che fa qualcosa per me, ma è anche colui per il quale sono chiamato a fare qualcosa. Soltanto quando si riesce a cogliere la vita come una chiamata di Dio, il cammino educativo è avviato correttamente.
Ma per fare questo, occorre che i ragazzi si conoscano tra loro, non si isolino, ma si immergano in una realtà viva. E sta qui il ruolo insostituibile dell'oratorio: ogni ragazzo deve essere aiutato a vivere e a vivere da cristiano non solo in un ambiente protetto, da cui si esce improvvisamente trovandosi sperduti e spaesati, ma ha bisogno di essere inserito nel tessuto vivo della chiesa locale.
Ecco dove l'oratorio diventa strumento fondamentale per l'azione educativa.
Educare è certamente un compito difficile chiamato a rispondere a tante sfide che la realtà presenta. Ma quando all'attenzione educativa della famiglia si somma quella della comunità cristiana, diventa anche possibile guardare a questo compito con maggiore serenità senza dichiararsi sconfitti in partenza.
mons. Gilberto Donnini