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Articolo 13/09/2009
All'inizio dell'anno pastorale l'Arcivescovo ha pubblicato una breve lettera, molto bella, facile e anche simpatica, intitolata Pietre vive e indirizzata a tutti fedeli della diocesi. Scorrendo velocemente questa lettera, mi ha colpito una frase che, immediatamente, è rivolta alle comunità ecclesiali, ai sacerdoti, diaconi e laici che lì sono impegnati nell'annuncio del vangelo, ma che credo conservi tutta la sua validità anche per chi è impegnato nel difficile servizio al bene comune: fare meno, fare meglio, fare insieme.
Cosa significa "fare meno"? Non è, evidentemente, un invito alla lazzaronaggine, ma significa, innanzitutto "custodire le misura" nei mezzi, nei tempi, nello stile dell'agire, senza inseguire effetti speciali o privilegiare esibizioni sensazionali o colpi di teatro, senza misurarsi soltanto sui numeri o sui risultati, ma privilegiando innanzitutto le necessità primarie della gente e l'attenzione alle presone. La giusta misura richiede che si punti sull'essenziale e questo vuol dire "la saggezza e il coraggio di onorare l'ordine delle priorità", con la conseguenza di lasciare da parte alcune cose che magari farebbero notizia, ma che sono secondarie rispetto ai bisogni delle persone. È in questa prospettiva che, in certe situazioni, occorrerà anche "fare meno": se questo "avviene nella logica dell'essenziale e delle priorità" cercando di salvaguardare al massimo una qualità umana nella vita delle comunità, il "fare meno non sarà fine a se stesso o, peggio, segno di inerzia e di pigrizia, ma solo condizione per fare meglio e fare insieme".
"Fare meglio", quindi, significa puntare sulla qualità delle proposte, presentate con cura, attenzione alla realtà ed intelligenza; una proposta che, pur nella legittima pluralità delle soluzioni, abbia comunque sempre e solo di mira il bene di tutti, il bene comune.
Ma, per fare questo, occorre soprattutto "fare insieme": "è necessario, da parte di tutti, imparare a lavorare insieme" e su questo siamo forse troppo impreparati. Perché non dare fiducia all'altro, non valorizzare cose che potrebbero aver un senso, anche se non le proponiamo noi? Troppe energie vanno sprecate in sterili contrapposizioni, troppe parole vengono spese per ridicolizzare - tante volte - quello che viene proposto da altri. Fare insieme è forse più difficile perché richiede tempo, pazienza, intelligenza e - diciamocelo - una certa dose di umiltà ma, alla fine è un discorso che paga perché si costruisce qualcosa di non precario, di non provvisorio; qualcosa, alla fine, capace di dare risposta alle attese, alle speranze, al bene di tutti.
mons. Gilberto Donnini