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Articolo 09/08/2009
Ci sono tutti i grandi temi dell'enciclica "Caritas in veritate" nel discorso tenuto il 28 luglio in Senato dal card. Tarcisio Bertone, con la certezza che essa può diventare base condivisa di lavoro e di intervento e può dare sostegno ad una larga convergenza per il bene comune. Infatti, siamo nel pieno di una crisi economica e finanziaria mondiale che richiede una profonda riflessione e decisioni coerenti.
"Non riusciremo ad impedire l'insorgere in futuro di episodi analoghi se non si aggredisce il male alla radice, vale a dire se non si interviene sulla matrice culturale che sorregge il sistema economico". Secondo il Segretario di Stato "alle autorità di governo questa crisi lancia un duplice messaggio: in primo luogo che la critica sacrosanta allo Stato interventista in nessun modo può valere a disconoscere il ruolo centrale dello Stato regolatore. In secondo luogo, che è necessario lo sviluppo di un mercato finanziario pluralista".
È necessaria una revisione dei comportamenti, ma prima di tutto delle prospettive. Infatti ci sono seri motivi di preoccupazione come, ad esempio, "la diffusione a livello di cultura popolare dell'efficienza come criterio unico di giudizio e di giustificazione della realtà economica" con conseguenze impensate sulla qualità del tessuto etico collettivo. In realtà, proprio le recentissime vicende confermano che "né la visione liberal-individualista del mondo, in cui tutto (o quasi) è scambio, né la visione che mette lo stato al centro della società, in cui tutto (o quasi) è doverosità, sono guide sicure per farci uscire dalle secche in cui le nostre società sono oggi impantanate".
È qui che la dottrina sociale della Chiesa ritorna a proporsi come risorsa per tutti, fuori dei confini confessionali. Il mercato non può essere inteso come l'unica istituzione davvero necessaria per la democrazia e per la libertà. La dottrina sociale della Chiesa ricorda, invece, che una buona società è frutto certamente del mercato e della libertà, ma ci sono esigenze, riconducibili al principio di fraternità, che non possono essere eluse, né rimandate alla sola sfera privata o alla filantropia.
Per questa strada, che è quella della cura delle relazioni, così come della sovrabbondanza del dono, della sussidiarietà e del bene comune, si superano le contraddizioni e si responsabilizzano direttamente tutti coloro che agiscono nella sfera sociale, nessuno escluso: "Infatti il bene morale, essendo una realtà pratica, lo conosce soprattutto non chi teorizza, ma chi lo pratica: è lui che sa individuarlo e quindi sceglierlo con certezza tutte le volte che è in discussione".
Ritorna così, in conclusione, il "valore aggiunto" del radicamento di fede. Invece di essere in contraddizione con la ragione, la rafforza: nella "Caritas in veritate" Benedetto XVI ripete che "i diritti umani rischiano di non essere rispettati" quando "vengono privati del loro fondamento trascendente", cioè quando si dimentica che "Dio è garante del vero sviluppo dell'uomo, in quanto, avendolo creato a sua immagine, ne fonda anche la trascendente dignità".
mons. Gilberto Donnini