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Articolo 25/01/2009
Giovedì 15 gennaio l'Arcivescovo si è incontrato, presso il Collegio "De Filippi" di Varese con gli amministratori locali, il settimo appuntamento di questo tipo.
Peccato che l'attenzione di parecchi sia stata distratta dall'annuncio di una contestazione della Lega nei confronti dell'Arcivescovo (considerato troppo "soft" nei confronti degli islamici): una contestazione gratuita e priva di fondamento che lo stesso Bossi, leader della Lega, ha considerato inopportuna.
Questo non ha consentito di cogliere lo spessore la validità - non solo per gli amministratori, ma per tutti - della riflessione del card. Tettamanzi, colta invece in tutta la sua profondità dai moltissimi presenti e della quale, proprio per questo, richiamiamo alcuni punti. Il tema centrale - assai opportuno nella crisi che stiamo attraversando - era quello della "sobrietà", una sobrietà assai dimenticata sia per il fiume di parole che ogni giorno minaccia di travolgerci, sia nell'esercizio del potere che non si valuta sul numero degli incarichi accumulati ma sul reale servizio che si rende, sia nella vita personale di tutti i giorni. La sobrietà, quindi, una capacità di autocontrollo che porta ad uno stile di vita ordinato, equilibrato, privo di ogni eccesso.
In particolare per quanto riguarda la vita amministrativa e politica, emerge allora la necessità "di cercare e formare persone intelligenti, preparate, oneste e sobrie, come pure di favorire un giusto ricambio tra chi gestisce la cosa pubblica". Non è soltanto questione di cambiare in qualche modo il sistema, ma quella di "affrontare - e questo vale per tutti - senza paura una seria ed approfondita riflessione morale". Una riflessione, cioè sui comportamenti della persona: sta qui la radice di un cambiamento che porta a scelte e ad atteggiamenti nuovi.
Sobrietà non è soltanto un risparmio di risorse da conservare gelosamente per sé ma - ha affermato il cardinale - "immagino la sobrietà come una via privilegiata che conduce alla solidarietà", una necessità all'interno di una cultura e di una società "sempre più tentata da individualismo e frammentazione". Sobrietà è qualcosa che può influire positivamente sull'atteggiamento consumistico che troppe volte prevale nella vita delle persone e nelle scelte pubbliche perché non significa "fermare il processo economico, ma ri-orientarlo, significa…porsi la domanda se il modello di sviluppo, il tasso di crescita, la distribuzione delle risorse ha realmente a che vedere con il progresso e con il benessere di tutti".
La sobrietà, quindi, non solo anima lo stile di vita personale, ma anche "la riflessione collettiva e politica, ispira una cultura dello sviluppo, spinge a generosità che tornano a vantaggio di tutti: è un vero e proprio valore sociale". E l'Arcivescovo ha concluso il suo intervento con una specie di "identikit" dell'amministratore che agisce con sobrietà, sapendo godere dei beni nel modo giusto, senza lasciarsene affascinare o strumentalizzare. Egli deve: "sapere ciò che conta davvero; avere una giusta gerarchia dei bisogni e delle relative risposte; fare ordine nei beni da realizzare; trovare un giusto equilibrio tra il comparire e il non esibirsi; parlare e tacere nel momento opportuno; e, infine, essere uomo o donna dal cuore libero così che niente e nessuno lo possano comprare".
mons. Gilberto Donnini