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Articolo 21/12/2008
Possiamo chiederci qual è il segno del Natale, cosa ci aspettiamo di vedere e sentire a Natale. Ricordiamo la pagina del Vangelo che leggiamo a Natale: Gesù aveva occupato una stalla, una di quelle stalle naturali senza padroni, perché non l'avevano accolto e lì era nato da una vergine, e non c'era niente, e l'hanno messo in una mangiatoia avvolto in poche fasce.
E questo, dice un angelo ai pastori, è il segno del salvatore che è nato: "troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia". E allora, se qualcuno si domanda dov'è il segno del Natale non avremmo che da ripetere le parole dell'angelo: è un bambino deposto in una mangiatoia, avvolto in poche fasce. Il Signore c'è perché c'è un bambino rifiutato da tutti, perché è in una mangiatoia, perché è avvolto in poche fasce ed è andato a nascere dove si ricoverano gli animali, e quella stalla non ha padrone, perché il Signore che viene al mondo non ha padroni: né re, né potenti, né gente che grida o di successo.
Ma ci sono anche altri segni del Natale. C'è la crisi che tiene in ansia tante famiglie per la situazione economica, per il posto di lavoro, anche qui a Varese, nella nostra zona. Siamo preoccupati per la violenza che imperversa ancora intorno a noi.
Non chiudiamo gli occhi, non facciamo finta di ignorare queste e tante altre difficoltà. Eppure c'è qualcosa in questo giorno, di ancora più misterioso di quello che è apparso più di duemila anni fa: c'è nell'animo una bontà strana, una bontà misteriosa. Dicono che la gente è cattiva e qualche volta la vita è così dura che vien voglia di dire: è proprio vero, non siamo buoni. Eppure credo che a Natale nessuna abbia paura; abbia paura del vicino, di qualcuno che è un concorrente o un avversario: c'è un'aria di bontà diffusa nel cuore.
Qualcuno dirà: poesia, sentimento. Chiamiamolo come vogliamo però a Natale ci si sente buoni. Perché? La spiegazione la sentiamo nella lettera di S. Paolo a Tito: "È apparsa la grazia (la bontà) di Dio" (2,11). Qualcosa di buono deve essere davvero passato nel mondo, se a distanza di più di duemila anni, portiamo ancora nel cuore un segno di questa bontà.
La gioia del Natale non viene dagli addobbi, dalle luminarie, viene dall'aver dato la mano a qualcuno cui l'avevamo sempre rifiutata, viene dall'aver perdonato qualcuno con cui avevamo dei rancori, viene dall'esserci ricordati che vicino a noi c'è qualcuno che soffre, viene dall'esserci ricordati che non si può star bene - non solo a Natale ma sempre - quando c'è vicino a noi chi non ha quello che avrebbe diritto di avere.
E questa gioia viene da quel bambino che nasce a Natale, perché ogni volta che cancelliamo il Natale, il nome di Gesù, il suo vangelo, la rivelazione che ha portato, la possibilità che ci ha dato di uscire dal male; quando cancelliamo dalla nostra vita qualcuna di queste cose, ricominciamo ad avere paura.
Ecco, allora, il segno del Natale: è Gesù che parla al cuore di ciascuno attraverso la sua gioia. Buon Natale!
mons. Gilberto Donnini