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Articolo 22/04/2007
Ad un anno dalla morte, avvenuta il 5 aprile dell'anno scorso, la città e la chiesa di Varese ricordano con affetto e riconoscenza mons. Pasquale Macchi, Arcivescovo emerito di Loreto e per lunghi anni segretario di Giovanni Battista Montini, prima cardinale Arcivescovo di Milano e poi papa Paolo VI.
La parrocchia di S. Vittore, nella quale era nato e cresciuto e al cui oratorio era sempre rimasto legato, gli ha già dedicato - la Domenica delle Palme - un'aula dell'oratorio con una simpatica cerimonia alla quale, oltre ai parenti, ha preso anche parte il Sindaco di Varese.
Martedì prossimo, 24 aprile, si terrà, invece la commemorazione ufficiale prima con una S. Messa in S. Vittore, alle ore 18, e poi, alle 21, nel Salone Estense del Comune (il centro ideale della città) con la presenza del cardinale Dionigi Tettamanzi e con il conferimento della "Martinella d'oro" alla memoria da parte dell'Amministrazione comunale.
Credo che questo ricordo e questo riconoscimento a mons. Macchi da parte della sua città esprima la riconoscenza di tutti coloro che l'hanno conosciuto e hanno potuto apprezzare la sua opera, spesso poco reclamizzata, ma non per questo meno efficace ed incisiva.
Mons. Macchi è stato il segretario ideale, completamente dedito al "suo" Vescovo prima e al "suo" Papa poi: per Paolo VI ha avuto una autentica venerazione probabilmente avendolo conosciuto da vicino e avendo potuto valutare meglio di altri, dal didentro, tutto lo spessore intellettuale e spirituale. Un segretario fedelissimo ed inattaccabile che mai compariva in prima fila, ma era presente dappertutto con efficienza ed intelligenza.
Ma mons. Pasquale Macchi era anche e prima di tutto un sacerdote e un vescovo: dalla preghiera, lunga, profonda, silenziosa attingeva la forza e le risorse per svolgere con puntualità e fedeltà i suoi molteplici incarichi. Era innanzitutto un uomo di fede e di preghiera, magari severo ed esigente con gli altri, ma innanzitutto con se stesso.
Soprattutto mons. Pasquale Macchi era un varesino - un varesino "d.o.c." - che amava profondamente la città nella quale era nato ed era cresciuto, nella quale aveva mosso i primi passi nella vita e nella fede. E dei varesini ha conservato sempre i tratti caratteristici: poca appariscenza unita ad una grande concretezza e capacità di lavoro. Un segno di questo stile lo ha lasciato come monumento perenne che, tra l'altro, indica una grande sensibilità per il rapporto fede-cultura e l'amore per l'arte e la bellezza: il restauro della cappelle del Sacro Monte. Una impresa che avrebbe potuto sembrare sovrumana, impossibile, ma che sotto il suo impulso e la sua direzione è stata realizzata completamente in pochi anni (tra l'altro seguita poco dopo da un altro restauro da far tremare le vene ed i polsi, quello del Santuario di Loreto).
Martedì avremo l'occasione di dire il nostro "grazie" per queste e per tantissime altre cose che ascolteremo: lo esprimerà, a nome nostro e di tutti la voce più autorevole della diocesi milanese, quella del Cardinale Arcivescovo, successore di colui che egli così appassionatamente e fedelmente ha servito.
mons. Gilberto Donnini